Statine: vecchi farmaci o nuova terapia per le malattie epatiche?
Le statine sono una classe di farmaci ampiamente utilizzata nella pratica clinica per la loro efficacia nella prevenzione primaria e secondaria della malattia cardiovascolare aterosclerotica. Attualmente le statine vengono utilizzate per il trattamento dell’ipercolesterolemia. Studi sperimentali e clinici supportano l’evidenza degli effetti pleiotropici e anti-infiammatori delle statine che garantiscono una protezione dal rischio cardiovascolare indipendentemente dall’abbassamento della colesterolemia. Gli effetti pleiotropici possono essere benefici in alcune condizioni infiammatorie croniche, come le epatopatie.
Sono disponibili informazioni limitate sugli effetti delle statine nei pazienti con malattie epatiche. Studi precedenti erano finalizzati alla valutazione della sicurezza delle statine per la preoccupazione che queste potessero peggiorare il danno epatico. Tuttavia, in questi anni alcuni studi hanno valutato i potenziali benefici legati all’azione anti-infiammatoria e anti-fibrotica delle statine nel corso del danno epatico cronico.
Gli effetti delle statine sono stati valutati principalmente nei pazienti con epatite cronica da virus B e C. I risultati di questi studi mostrano che le statine hanno un effetto favorevole sulla storia naturale dell’infezione da HCV e HBV riducendo la progressione di malattia a cirrosi e riducendo la mortalità. In uno studio l’uso delle statine ha ridotto lo sviluppo di tumore al fegato. Sorprendentemente ci sono pochissime informazioni sugli effetti delle statine nei pazienti con steatosi epatica non alcolica (NAFLD). Due studi recenti hanno mostrato che le statine non solo sono sicure nei pazienti con NAFLD, ma possono anche avere effetti positivi riducendo la steatosi e la fibrosi e prevenendo la progressione di malattia. Gli effetti delle statine sono inoltre stati valutati nei pazienti con cirrosi (cinque studi di coorte retrospettivi e quattro trial controllati randomizzati); le eziologie principali della cirrosi erano infezione da HCV, HBV e il consumo alcolico. I risultati di questi studi suggeriscono che le statine hanno un effetto benefico sull’evoluzione della cirrosi riducendo il rischio di scompenso e migliorando la sopravvivenza. Questi effetti benefici possono essere correlati alla riduzione dell’ipertensione portale e dell’infiammazione sistemica ed epatica. Le statine sono generalmente ben tollerate. Il danno epatico indotto da farmaci correlato a statine è estremamente raro (<2 casi/1.000.000 pazienti per anno) e idiosincrasico. Tuttavia un effetto avverso delle statine è la tossicità muscolare (dalla mialgia alla più grave e meno frequente forma, la rabdomiolisi). Pazienti con cirrosi avanzata potrebbero presentare un rischio aumentato di tossicità muscolare per un alterato metabolismo delle statine nel fegato e quindi una maggiore esposizione a queste.
C’è un interesse clinico crescente nell’utilizzo delle statine nelle malattie infiammatorie croniche, per le loro proprietà anti-infiammatorie, anti-fibrotiche e rigenerative, che ne fanno un’opzione terapeutica nuova nelle epatopatie croniche. Studi di coorte e piccoli trial controllati randomizzati hanno mostrato evidenze crescenti che le statine sono sicure e potenzialmente utili in pazienti sia con epatopatia non cirrotica sia con cirrosi. Ulteriori studi controllati randomizzati sono necessari prima che le statine possano essere raccomandate per l’utilizzo in pazienti con malattia epatica cronica.
Bibliografia: Elisa Pose, Jonel Trebicka, Rajeshwar P Mookerjee, Paolo Angeli, Pere Ginès. Statins: Old drugs as new therapy for liver diseases? J Hepatology 2019; 70:194–202
Chiara Pilutti
Medico Specializzando in Medicina Interna