L’amore è universale, presente nelle varie culture ed in tutte le parti delmondo; è da sempre esistito e risponde all’insopprimibile bisogno che ha l’uomo di rapportarsi con un suo simile, in altre parole è connaturato all’umanità. Fin dall’antichità è stato oggetto di attenzione di poeti, filosofi, antropologi e sociologi. Modernamente è oggetto anche delle scienze, in particolare delle neuroscienze. Ma cosa è l’amore? Non è facile descriverne l’essenza: è un fenomeno straordinario e totalizzante che ci cambia la vita. La definizione più accreditata dell’amore per eccellenza, l’amore romantico, da parte della psicologia e sociologia è quella che si fonda su tre elementi essenziali: la passione, l’intimità e l’impegno reciproco (Stenberg R. J. 1986; Flecther G. J. O. 2013).
Semplificando alquanto, è l’attrazione sessuale (passione) che inizialmente forma la coppia, l’affetto e l’intimità creano il legame e l’interdipendenza reciproca che unisce, il dedicarsi e occuparsi l’uno dell’altro e l’impegno nell’educare e crescere i figli mantengono l’unità nel tempo. Secondo la teoria evoluzionista esso è fortemente collegato al mantenimento della specie attraverso la procreazione, ma la sua estensione al di là dell’atto sessuale va di pari passo alla crescita della socialità e dell’empatia, alla cooperazione familiare ed extra-familiare, che garantisce la sopravvivenza e l’aggregazione sociale. Tutti questi aspetti sono associati all’aumento straordinario della massa cerebrale durante l’evoluzione, che è la caratteristica che ci distingue dai nostri antenati primati, dai quali abbiamo cominciato a differenziarci circa sei milioni di anni fa. L’amore è così bello e sublime che è difficile associarlo alla nostra materialità, al nostro cervello e alla biologia, da cui razionalmente però non possiamo prescindere. In effetti la moderna neuro-scienza ha dimostrato co-me meccanismi ormonali, neuromodulatori e circuiti nervosi in specifiche aree del cervello, sviluppatisi nel corso dell’evoluzione, siano coinvolti nelle varie fasi dell’amore romantico. L’ossitocina, rilasciata a livello cerebrale, facilita l’attaccamento fra i partners, così la vasopressina (specialmente nel mas-chio). Sia negli animali da esperimento, sia nell’uomo livelli più elevati sono associati alla fase in cui si rinsalda il legame di coppia; inoltre questi neuropeptidi sono collegati al circuito della dopamina, sostanza che gratifica e fa star bene, e perciò induce a mantenere l’esperienza amorosa, rendendola indispensabile, in analogia agli effetti della droga nei drogati (Xiaochu Zhang et al 2016). Inoltre i livelli di testosterone, particolarmente implicato nella fase della passione sessuale, si riducono nell’uomo che ha sperimentato nel tempo una unione felice, con ridotto desiderio per partners diversi dalla propria donna. Tutto ciò dimostra l’importanza del nostro cervello non solo per le attività cognitive, ma anche nell’espressione dei sentimenti. A ben considerare ciò non meraviglia: è il mistero dell’uomo nel quale psiche e corpo sono inscindibili, anche quando vengono elaborati i sentimenti e pensieri umani. Fra questi certamente l’amore è quello che caratterizza e arricchisce fortemente la nostra umanità, giustifica e sublima la nostra esistenza, mostrandosi una delle più alte espressioni della nostra spiritualità.
Angelo Gatta
Professore Emerito di Medicina Interna
Università di Padova