Riflessioni sulla pandemia
L’attuale pandemia da coronavirus rappresenta un evento inedito che entrerà nella storia. Tutti noi l’abbiamo vissuto nella sua tragicità. Siamo ancora sconcertati e impauriti nel ricordare le immagini trasmesse dalla televisione dei camion militari che portavano via i morti per la pandemia, poiché non c’era più posto nel cimitero di Bergamo; non dimenticheremo le immagini dei medici e infermieri, che, stremati, non riuscivano ad accogliere i nuovi malati infettati nei pronto soccorso, o i pazienti, perlopiù anziani, che non trovavano più posto nelle rianimazioni e morivano senza avere la possibilità di essere assistiti dai loro cari. Le autorità sanitarie e governative hanno decretato il lockdown per frenare i contagi: per settimane siamo rimasti chiusi in casa, separati dai nostri familiari e amici, per uscire bisognava avere una autocertificazione che documentasse la necessità e l’urgenza e abbiamo seguito con ansia ogni giorno la televisione che trasmettva il bilancio dei nuovi contagiati, dei ricoverati in rianimazione e dei morti. La nazione si è fermata: sono state chiuse le scuole, le fabbriche e i servizi non essenziali, le città erano deserte, i funerali sono stati sospesi, le chiese chiuse, la Pasqua trascorsa in casa con piazza San Pietro vuota. In quel periodo doveva uscire il numero del nostro giornale. In questa situazione drammatica che vedeva ferme tutte le attività, abbiamo deciso di sospendere il numero di Hepatos. Oggi la situazione è migliorata e riprendiamo la pubblicazione. L’esperienza vissuta ci suggerisce qualche riflessione. La pandemia ha mostrato con tutta evidenza la fragilità dell’uomo, delle sue strutture e delle sue istituzioni; nel momento in cui si è rivelata la sua natura finita e limitata, è emersa anche un’altra sua caratteristica. L’uomo è geneticamente un essere sociale, ogni singolo individuo fa parte dell’umanità, ha bisogno del legame con i suoi simili, cerca il legame interpersonale e la cooperazione. La pandemia ha isolato gli uomini, ma li ha accomunati in un unico destino; il virus ha attaccato la specie umana, senza distinzioni di origine, di colore della pelle, di censo, ha dimostrato la verità della natura umana: tutti gli uomini appartengono alla stessa razza, tutti sono accomunati in un unico destino, interdipendenti fra di loro. Dopo solo sei mesi dall’inizio della malattia in Cina, sono circa 10 milioni gli individui testati che sono risultati contagiati in tutti i continenti, ma si stima che il numero reale sia 5-10 volte più grande. Adesso che la morsa della pandemia si è allentata, almeno in Italia, ora che riproviamo a uscire e a incontrarci, anche se mantenendoci a debita distanza, dovremmo far tesoro della lezione. La pandemia va superata insieme e il nuovo futuro va costruito sulla fraternità e sulla solidarietà, prima che come valore morale, come fondamento genetico che garantisce la nostra sopravvivenza.
Angelo Gatta
Professore Emerito di Medicina Interna
Università di Padova