Karl Wilhelm von Kupffer (1929-1902) è passato alla storia per la scoperta dei macrofagi residenti nel microcircolo epatico (c.d. “cellule di Kupffer”). Come spesso accade nella Storia della Medicina, la sua scoperta fu tuttavia involontaria e frutto di un provvidenziale errore!
Laureatosi in Medicina presso l’Università di Dorpatt (oggi Tartu, in Estonia), Kupffer lavorò per qualche tempo come medico condotto. Si rese tuttavia ben presto conto che il suo vero interesse era l’anatomia, lasciò la pratica clinica e dedicò il resto della sua carriera allo studio della neuroanatomia e dell’embriologia umana. Fu professore presso le università di Dorpatt, Kiel, Köninsberg e Monaco. A Köninsberg, ebbe tra l’altro l’occasione di studiare il cranio del celebre filosofo Immanuel Kant, appositamente prelevato durante una ricognizione della sua salma.
Le ricerche neuroanatomiche di Kupffer lo portarono ad interessarsi dell’innervazione del fegato. Per documentare l’esistenza di nervi intra-epatici, egli colorò alcune sezioni di fegato con cloruro d’oro. Tale colorazione non dimostrò la presenza di fibre nervose, ma mise fortuitamente in evidenza “cellule di forma stellata” presso i sinusoidi epatici. Kupffer non era sicuro della natura e della precisa sede anatomica di queste cellule, tanto che negli anni formulò ipotesi interpretative differenti. Inizialmente, considerò tali cellule un’impalcatura stromale disposta al di fuori del circolo epatico. Successivamente cambiò idea, ipotizzando che le cellule stellate risiedessero dentro i sinusoidi e fossero in grado di fagocitare particelle circolanti.
Dunque, quale delle due osservazioni era corretta? Le cellule descritte da Kupffer sono attorno ai sinusoidi epatici o si trovano al loro interno? Con un colpo di scena piuttosto raro nella Storia della Scienza, entrambe le ipotesi si sono dimostrate corrette. Recenti studi hanno infatti dimostrato che i sali di oro utilizzati da Kupffer mettono in evidenza non uno, ma ben due tipi di cellule: (i) macrofagi intra-sinusoidali, oggi universalmente noti con l’eponimo di “cellule di Kupffer”; e (ii) cellule peri-sinusoidali sottili e ramificate, oggi indicate con il nome di “cellule stellate” o “cellule di Ito”. Se le “cellule di Kupffer” svolgono funzioni fagocitiche, riconoscendo e internalizzando particelle o cellule esogene, le “cellule di Ito” contengono vitamina A e svolgono un ruolo patogenetico essenziale nella fibrosi e nella cirrosi epatica.
Al di là delle giustificabili inesattezze interpretative di Kupffer, la sua scoperta ebbe un enorme valore nella storia dell’anatomia e della fisiologia umana. Essa infatti contribuì alla formulazione della teoria del “sistema reticolo-endoteliale”, secondo cui macrofagi e cellule endoteliali hanno origine e funzioni biologiche affini. Tale teoria rimase valida per tutto l’Ottocento e per buona parte del Novecento. Fu solo nel 1970 che studi di microscopia elettronica ne dimostrarono l’inesattezza. Oggi sappiamo che istiociti e macrofagi (al cui gruppo appartengono anche le “cellule di Kupffer”) originano da precursori emopoietici che circolano nel sangue sotto forma di monociti. Tutt’altra origine embriologica sembrano invece avere le cellule endoteliali.
La storia del professor von Kupffer merita certamente di essere ricordata, poiché dimostra che anche un errore può contribuire a grandi progressi nelle conoscenze anatomiche e mediche. Decisamente molte cose possono nascondersi dietro un semplice eponimo!
Marco Pizzi
Anatomopatologo, Dottorando di Scienze Biomediche
Sperimentali Università di Padova
Anatomopatologo, Dottorando di Scienze Biomediche Sperimentali Università di Padova